Sono curioso e osservatore, un po’ perfezionista, forse più di un po’, riflessivo anche se poi mi fido molto della pancia. Sagittario ascendente Leone. Insomma, un fotografo di persone per natura. Perché alla fine questo mi interessa: fotografare le persone per quello che sono, uniche nella loro normalità. E raccontarne le storie.
Mi ispiro ai fotografi di strada, ai documentaristi, ai grandi ritrattisti. Henri Cartier Bresson, W Eugene Smith, Sebastião Salgado, Garry Winogrand, Alex Webb, Don McCullin, Elliott Erwitt, James Nachtwey, Annie Leibovitz, Richard Avedon, solo per citarne alcuni (e scusate la lista di nomi che paiono, ma non lo sono, buttati li a caso). Senza dimenticare che noi Italiani ci portiamo dentro, che lo sappiamo o no, tutta la storia dell’arte che ci circonda e che non può non condizionare la nostra percezione del bello, dalla pittura, alla scultura, all’architettura. A volte ce lo dimentichiamo e facciamo come se il rinascimento non ci fosse mai stato, ma non si può vivere solo di gattini su Facebook e reality show.
Cosa c’entra questo con i matrimoni? C’entra, perché è attraverso la mia visione, la mia storia e i miei gusti che passano i ricordi dei miei clienti. Mi piace dire che la fotografia è un’esposizione doppia, perché espone sia il soggetto di fronte, che quello dietro la macchina fotografica. La fotografia è un mezzo trasparente: noi fotografiamo per quello che siamo. E siamo quello che mangiamo (da leggere in senso lato: quello che leggiamo, che guardiamo, che ascoltiamo oltre che fisicamente quello che mangiamo).
Per cui, il mio modo di raccontare un matrimonio passa per forza da come sono io, da come la penso io. E io i miei racconti, i miei reportage, li voglio colmi di emozioni, di lacrime di gioia, di risate, di momenti autentici.